La progressive disclosure nella scrittura

Mi sono imbattuto per la prima volta nell’espressione “progressive disclosure” durante gli studi universitari in Psicologia. Ne parlò un docente in una lezione incentrata sulla comunicazione. Possiamo tradurre “progressive disclosure” come “rivelazione graduale”: mostrare solo alcune informazioni, contenuti che rimandano a un approfondimento successivo. Pochi “indizi” iniziali che suscitano curiosità, o introducono gradualmente concetti e procedure.
Il professore fece un esempio riferito al marketing. Si ha una progressive disclosure quando riceviamo un volantino che invita ad accedere a un sito, dove troveremo il regolamento per partecipare a un concorso. In questo modo possiamo avvicinarci a un brand che non avevamo considerato, spinti dalla curiosità.
La progressive disclosure viene utilizzata anche nell’ambito dell’UX design/UX writing, la progettazione di interfacce web e testi dei siti finalizzata a una migliore usabilità. Le istruzioni per una procedura vengono suddivise in piccoli passaggi in successione, anziché “bombardare” subito l’utente di nozioni.
Cosa ha a che fare tutto ciò con la scrittura di libri? Perché ho deciso di parlarne in questa sezione del mio sito web?
Semplice: penso che in fase di editing sia importante chiederci se e quanto si osservi una progressive disclosure tra le pagine. Cosa spinge a “divorare” un testo? La curiosità.
Incuriosire e rivelare con la progressive disclosure

Che si tratti di un romanzo o di un saggio, all’autore o all’autrice non bastano competenze e idee. Deve darci l’idea che, pagina dopo pagina, arriveremo a nuove rivelazioni. Occorre trovare un equilibrio: fornire nuove informazioni e stimoli senza sovraccaricare di passaggi inutili. Spingere il lettore a proseguire. Svelare, ma “affamare” anche la sua curiosità.
Come verificare se in un libro avviene questa “rivelazione graduale”?
Se si tratta di un romanzo, chiediamoci ad esempio se la psicologia dei personaggi emerga in maniera intrigante e graduale, magari attraverso indizi come un gesto o un oggetto. O se s’intuisca troppo presto quale direzione prenderà la storia. Assicuriamoci che non ci siano dettagli inutili e ridondanti che distolgano l’attenzione da ciò che conta.
In un saggio, in genere sappiamo qual è l’argomentazione che chi scrive proporrà, quali questioni affronterà. Per questo l’aneddoto, il racconto di episodi può essere importante per una progressive disclosure che introduca le argomentazioni: non saltiamo da una tesi all’altra, ma attraversiamo passaggi di stampo narrativo che ricordano il romanzo, e rinviano la conclusione.
Evitiamo un sovraccarico
Come nell’UX design, non sovraccarichiamo la mente dell’utente/lettore. Può essere utile lasciare qualche vaga allusione a elementi che scopriremo molto più avanti, creare un’attesa dilatata. Ma non forniamo troppi “indizi” e dati da ricordare (ad esempio nomi di personaggi che poi spariranno a lungo dalla narrazione). Introduciamo gradualmente novità, nuove figure, svolte narrative. Alludiamo a qualcosa, senza spiegarlo subito. Lasciamo che il lettore faccia delle congetture e concediamo una graduale soddisfazione della sua curiosità.
Con la giusta progressive disclosure, anche una trama all’apparenza banale può trasformarsi in una narrazione intrigante.
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