Il rischio di un’esagerata eccitazione neuronale: una ricerca

La ricerca dimostra che mantenere la mente allenata anche in età avanzata, con uno stile di vita attivo e stimoli intellettuali, aiuta a prevenire o quantomeno a ritardare il declino cognitivo. Occorre però sottolineare un aspetto cruciale: allenare la mente non significa sovreccitarla di continuo. Alcune recenti evidenze scientifiche, infatti, ci mettono in guardia da un rischio prima sconosciuto: un’eccitazione neuronale esagerata, che può perfino ridurre la longevità.
Quindi, come dobbiamo comportarci? Cosa significa “stimolare troppo” i neuroni?
Lo studio della Harvard University
Un team di ricerca della Harvard University ha pubblicato uno studio sull’argomento su Nature. Gli scienziati hanno dapprima esaminato dei campioni di tessuto cerebrale, appartenuto a persone decedute a diverse età: dai 60 anni ai 100 anni e oltre. Dalle analisi di specifici geni, è emerso che le più longeve avevano una minore tendenza alla sovreccitazione neuronale. Gli autori dello studio hanno cercato una conferma provando a influenzare l’eccitazione dei neuroni in alcuni animali, topi e vermi. Si è scoperto così che tale aspetto influenzava la loro longevità.
A questo punto, possiamo chiederci come distinguere la giusta stimolazione mentale dall’eccitazione neuronale eccessiva.
Come si manifesta un’eccessiva eccitazione neurale?
Chiariamo un punto fondamentale: stimolare il cervello con attività come la lettura, la vita sociale attiva, il problem solving (anche attraverso giochi enigmistici e passatempi basati sul ragionamento), rimane un valido consiglio per mantenere una mente efficiente a lungo.

Come hanno spiegato gli autori dello studio, la sovreccitazione neuronale potrebbe essere dedotta, più che dalle attività, dal modo in cui viviamo la quotidianità: cambiamo umore o idea improvvisamente? Manifestiamo una tensione tale da trovarci spesso con la muscolatura contratta?
Potrebbero essere segnali di uno stile di vita “sovreccitato”, che ci infligge un sovraccarico di attivazione estenuante.
Cosa possiamo fare per evitare la sovreccitazione neuronale?
Secondo quanto emerso dalla ricerca di Harvard, il fatto che una persona sia più o meno incline alla sovreccitazione neuronale dipende in buona parte da una proteina chiamata REST. Si tratta di una sorta di “regolatore naturale” di tale aspetto. Nelle cellule cerebrali delle persone più longeve i livelli di REST erano molto più alti, rispetto alle altre.
Questo fattore sembra influenzato dalla genetica e, come spiegato dai ricercatori, la scoperta potrebbe aprire la strada alla ricerca di soluzioni mediche, per innalzare i livelli di REST nelle persone che ne sono carenti.

Se la sovreccitazione neuronale si manifesta però anche negli sbalzi d’umore, sarà sicuramente interessante approfondire anche il ruolo delle tecniche di rilassamento. Sappiamo infatti che il cervello è plastico, cioè cambia le sue connessioni neuronali a seconda dello stile di vita che adottiamo.
Non sorprenderebbe, quindi, scoprire che possiamo prendere in mano la situazione e ridurre intenzionalmente la sovreccitazione. In attesa di ulteriori evidenze sperimentali, quindi, chiediamoci come rendere la nostra quotidianità più serena e meno spossante emotivamente. Sarà in ogni modo un buon punto di partenza verso il cambiamento.
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Grazie per l’articolo è stato utilissimo per comprendermi un po’ più a fondo.
Io personalmente mi rendo conto di avere una continua fuga di idee. Questo mi causa problemi di concentrazione.
Non ho la minima idea di come ridurre questo disturbo utilissimo quando è necessario è disfunzionale quando non serve.
Proverò con le tecniche di rilassamento ma appena parto con la lettura il cervello parte per la tangenziale.
Non ne posso più.
A parte le tecniche di rilassamento, c’è altro che si dovrebbe conoscere per approfondire la questione e magari trovare la soluzione azzeccata per sé?
Grazie!
Buonasera Eleonora, la questione dell’eccessiva eccitazione neuronale è ancora poco studiata, quindi saranno necessarie ulteriori ricerche per definirla meglio. Per quanto riguarda il miglioramento della concentrazione, alcuni studi hanno riscontrato effetti positivi della mindfulness. Le pratiche meditative condividono alcuni aspetti con le tecniche di rilassamento, quindi possono giovare anche in termini di autocontrollo e riduzione dell’ansietà. Occorre dire che alcune persone potrebbero impiegare più tempo a trarne beneficio. Oltre a queste attività, ritengo utile il parere di uno psicologo per comprendere le cause della “fuga d’idee” (ad es. una tendenza ad annoiarsi facilmente, o un desiderio di evasione che sfocia nel “maladaptive daydreaming”).