Il flow, un concetto da conoscere
Capita, a volte, di essere talmente coinvolti da un’attività da perdere di vista il trascorrere del tempo.
Guardiamo l’orologio e ci sorprendiamo: magari è volata un’ora, quando pensavamo di essere stati occupati per venti minuti scarsi.
Uno psicologo americano di origini ungheresi, Mihaly Csikszentmihalyi, ha studiato proprio questa situazione fin dagli anni ’70.
Le sue ricerche presero il via dall’osservazione di alcuni artisti: avvicinandosi al completamento di un’opera, si mostravano capaci di grande perseveranza e concentrazione. Apparivano quasi insensibili alla stanchezza e allo stress.
Da cosa nasceva tale condizione?
Trovarsi “nel flusso”: un coinvolgimento totale
Lo psicologo l’ha chiamata “flow”, letteralmente “flusso” e ne ha individuato i fattori chiave attraverso successivi studi. Secondo Csikszentmihalyi, per esperire il flow dobbiamo dedicarci a un’attività in cui vediamo una sfida stimolante, che riteniamo di poter vincere.

Il rapporto skill level – flow. Immagine creata dall’utente Wikipedia “Oliverbeatson” (https://en.wikipedia.org/wiki/File:Challenge_vs_skill.svg)
Il grafico a destra riassume il modo in cui, secondo la sua teoria, interagiscono i due aspetti, il livello di sfida (challenge level) e le abilità percepite (skill level).
Sentirsi poco capaci di fronte a sfide complesse è ovviamente una situazione ansiogena, ma nemmeno una sfida poco impegnativa genera il flow.
Percependoci “poco sfidati” da un compito, al massimo proviamo un rilassamento che rischia di sconfinare nella noia (boredom). Questo spiega, talvolta, la perdita d’interesse per un passatempo o un incarico lavorativo: il nostro livello di “skill” nel tempo si è elevato, quell’attività è divenuta troppo facile e non rappresenta più una sfida appagante.
Altri aspetti importanti
Csikszentmihalyi ha sviluppato ulteriormente la sua teoria, divenendo uno dei più affermati studiosi della sfera motivazionale.
Nella sua visione, oltre al suddetto equilibrio tra sfida e abilità, è importante che un compito abbia obiettivi chiari, richieda tanta concentrazione da far dimenticare l’ego e focalizzare sul presente, dia l’idea di poter controllare ogni aspetto in gioco e provochi un piacere intrinseco.
Quest’ultimo punto è particolarmente rilevante. Significa che, per indurre il flow, un’attività deve risultarci gradevole di per sé, a prescindere dai riconoscimenti e dai vantaggi materiali che potrebbe portarci.
Cercare il flow
Il concetto di “flusso” suscita più riflessioni.
Nella società attuale, da un lato diverse mansioni lavorative sono ripetitive, con poche possibilità di crescita professionale. Dall’altro, nel tempo libero rischiamo di perderci nelle distrazioni del mondo virtuale, senza cercare di capire cosa ci appaghi profondamente.
Sta a noi, in certi casi, introdurre nella nostra vita almeno un hobby, un passatempo che possa gratificarci e coinvolgerci veramente.
La teoria di Csikszentmihalyi ha dato il via a svariate ricerche, sue e di altri scienziati.
Il flow è stato osservato negli ambiti più disparati: dallo sport all’arte, dalla scienza alla scrittura letteraria. Capendo quale attività sia congeniale a noi, possiamo davvero ritrovare un tocco di passione rigenerante!
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Articolo illuminante. Spero davvero che ciascuno di noi riesca a trovare la sua “passione rigenerante”, quella capace di “gratificare e coinvolgere”; quella che ci consentirebbe di sfuggire da tutte le trappole virtuali che ci rubano tempo e anima!
Grazie! 🙂 Sono convinto che un mondo di persone che coltivano passioni sane possa essere un mondo meno frustrato, rancoroso, pessimista.